Come Trama di Terre abbiamo deciso di partecipare a questo primo Pride imolese, perché pensiamo che la discriminazione e la violenza contro lesbiche, gay e trans abbia la stessa radice nella violenza che discrimina le donne: una cultura sessista fondata sul sistema gerarchico dei generi maschio – femmina.
Come donne viviamo ogni giorno il frutto di questa discriminazione sulla nostra pelle: maltrattamenti, stupri, femminicidio, disparità di salario, controllo sui nostri corpi, negazione della pillola del giorno dopo, obiettori di coscienza in ospedale. Tra il 14 e il 15 luglio in Italia si sono consumati tre femminicidi, in 48 ore. Il 16 luglio la Cassazione in un processo per uno stupro di gruppo ha escluso l’aggravante per l’uso di sostanze alcoliche o stupefacenti perché la ragazza ha assunto alcool «volontariamente».
La violenza maschile in ogni sua forma, dalla più blanda alla più esplicita, è una forma di controllo sul corpo e sulle emozioni delle donne. Questa ha origine nel sistema patriarcale e sessista trasversale a tutte le culture, ma con manifestazioni diverse: mutilazioni genitali femminili, stupri correttivi, matrimoni forzati, imposizione del velo e del burka. Sana è stata uccisa in Pakistan perchè si era ribellata al matrimonio forzato in Italia voluto dalla famiglia, Fatima di 14 anni a Bologna è stata rasata a zero perchè rifiutava di portare il velo, le stime aggiornate al 2016 dicono che il numero di donne straniere maggiorenni con mutilazioni genitali femminili presenti in Italia si attesti tra le 46mila e le 57mila donne a cui si aggiungono le neocittadine italiane maggiorenni originarie di paesi dove la pratica esiste e le richiedenti asilo.
Questa violenza, radice di ogni discriminazione per le differenze (di classe, di pensiero, di genere e di provenienza), è la stessa usata dalla nuova politica fascio leghista che tiene in ostaggio corpi vivi, esseri umani nel Mediterraneo e costringe uomini e donne e bambini a morire nei mari o nei campi libici (finanziati in primis da Minniti) per guadagnare voti e potere in nome di una falsa identità nazionale (prima gli italiani): identità difesa al costo di uccidere persone per la patria e per i confini, negando così di fatto corpi vivi in nome di un sistema gerarchico di esistenza patria-stranieri. Becky Moses aveva 26 anni ed è morta bruciata a Rosarno, dove aveva trovato come unico luogo per sopravvivere una tendopoli, per sfuggire alla schiavitù della prostituzione; le braccianti al sud, per la maggioranza donne migranti, vengono sfruttate, minacciate e violentate da padroni italiani. Nei primi 4 giorni di luglio sono morti in mare più di 400 migranti e la guardia costiera libica, arruolata dal governo italiano, lascia morire ancora ogni giorno.
Non ci appartengono i confini delle patrie e delle nazioni e non ci appartengono più i confini dei generi perché questi generano solo violenza e morte.
La lotta per il riconoscimento dei e delle migranti come cittadine dell’Italia, dell’Europa e di questo mondo è la stessa che unisce la lotta per il riconoscimento delle nostre individualità, donne, lesbiche, gay e trans e tanto altro ancora che va al di là delle categorie etero normative. Quelle categorie che incentivano politiche familistiche per persone etero, bianche, occidentali e possibilmente benestanti, escludendo di fatto famiglie omogenitoriali, monogenitoriali e le reti familiari allargate formatesi al di là dei legami sanguigni. Questo è il modello di famiglia dove avviene la grande maggioranza delle violenze maschili sulle donne, proprio ad opera di mariti, conviventi, padri e zii. Questa stessa politica familistica che non riconosce però ai figli e alle figli/e delle migranti nati/e o cresciuti/e in Italia la cittadinanza.
Come donne e femministe per prime riconosciamo tutte le individualità, e dobbiamo riconoscerci possibilmente ancora da vive, perché per secoli e ancora oggi noi siamo negate, picchiate, stuprate e uccise perché non riconosciute. Non è una patria a riconoscerci o a restituire l’identità a noi donne, sempre relegate al ruolo di mogli, madri e figlie dei padri della patria!
Nel giorno del Pride imolese vogliamo rivendicare la nostra esistenza, i nostri corpi provenienti da ogni dove, Italia, Nigeria, Somalia, Kurdistan, Palestina, Mali, Pakistan, Marocco, e tanti altri ancora. Etero, gay, lesbiche e trans e il nostro diritto ad esistere.
Se ancora oggi un’insegnante viene insultato dagli alunni perché gay, se 120 donne donne l’anno vengono uccise e centinaia di donne e uomini muoiono in mare a causa di trafficanti legittimati da politiche europee favorevoli alla chiusura dei confini, forse è possibile pensare che questo sistema patriarcale e patriottico necessita di una radicale trasformazione.
Chiediamo:
– di esercitare il diritto ad emigrare in sicurezza (che sia per fuggire alle guerre che sia per cercare altri luoghi e in particolare modo per le donne e le persone LGBT per costruire il loro percorso di emancipazione da sistemi fondamentalisti e patriarcali). Le ambasciate devono riprendere a concedere i visti e l’Europa deve cambiare velocemente il regolamento di Dublino; I’Italia deve riaprire i porti e il Ministero dell’interno deve smettere di utilizzare metodi razzisti contro i/le migranti;
– di esercitare la nostra cittadinanza sessuale, di disporre del nostro corpo come si vuole, condurre una vita sessuale senza rischi, come fonte di piacere e libera da coercizione: sono bisogni fondamentali e diritti che dovrebbero essere inalienabili e garantiti per tutte/i (da I racconti del sesso e della menzogna, Leila Slimani);
– di esercitare il nostro diritto di esistenza come donne: il sistema legale e sociale deve riconoscere la responsabilità degli uomini che agiscono violenza contro le donne e attivare sanzioni di contenimento concreto verso i colpevoli in tempi brevi, allontanando nell’immediato gli uomini dalle case e dai luoghi vissuti dalle donne.
Come donne e femministe sappiamo bene che la strada per il riconoscimento di una piena cittadinanza come individue/i al di là dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere e della provenienza geografica è ancora lunga da percorrere.