Mappe per una geografia umana delle donne

“Mappe per una geografia umana delle donne” è un libro illustrato pubblicato dalla collettiva di Trama di Terre nel 2018. Il libro racconta le storie e l’esperienza migratoria di alcune richiedenti asilo ospitate nel territorio imolese, donne che fuggono da guerre, povertà, catastrofi ambientali, ma anche da violenze domestiche e discriminazioni di genere.
Le mappe ricostruiscono i loro viaggi, oltre alla situazione di ogni paese, dal punto di vista delle violazioni dei diritti fondamentali. L’accesso scolastico, sanitario, all’eredità, alla contraccezione, al lavoro e la possibilità di rifiutare i matrimoni forzati e le mutilazioni genitali sono alcuni dei temi che ci aiutano a scoprire i motivi che spingono le donne a fuggire, ma anche a capire che in tutti questi Paesi c’è chi si organizza e resiste.
Il libro può essere acquistato presso il Centro Interculturale delle donne di Trama di Terre, oppure ordinato online scrivendo a info@tramaditerre.org o chiamando 0542/28912 – 334/7311570.
Il costo è di 16€ più spese di spedizione (2€ posta ordinaria – 5,40€ posta raccomandata).

Di seguito potete leggere l’introduzione del libro, di Tiziana Dal Pra

NON CI SIAMO PERSE MA RITROVATE

A che serve una mappa? Per vedere un percorso, per orientarsi, per conoscere confini, vie, spazi (saranno aperti o chiusi?). Per scegliere l’approdo.

Io deciderò – se posso scegliere – per il cammino più corto però ignoto o per quello lungo ma conosciuto? Quale sarà il più sicuro?

Esattamente da 20 anni Trama Di Terre è in viaggio attraverso i mondi dai quali è attraversata, con le persone che la attraversano e in dialogo con la città che ospita queste donne native e migranti decise a camminare insieme. E dunque anche Trama ha cercato le strade giuste, ha mostrato – o negato, contestato – confini, ha aggirato ostacoli e ipotizzato approdi. Spesso lo abbiamo fatto istintivamente; eppure in testa una qualche mappa ce l’avevamo: nella nostra bussola la calamita indica sempre i diritti universali di genere; il punto d’arrivo resta la libertà delle donne; le tappe intermedie sono l’accesso alla cittadinanza, a un’uguaglianza delle opportunità e alla giustizia sociale; il punto di partenza sono quelle donne in carne e ossa che abbiamo conosciuto e con cui viviamo. Se pure i luoghi e i percorsi possono essere assai diversi fra di loro, abbiamo compreso insieme che i maggiori pericoli si somigliano: sessismi, fondamentalismi, razzismi, fascismi.

Le mappe di Trama hanno nomi e numeri ma soprattutto sono piene di volti, di storie personali. Con questo nostro primo libro vorremmo essere storia di alcune storie. Noi ci siamo fatte penetrare ma senza essere assorbite, risucchiate forse perché nelle nostre azioni quotidiane poniamo al centro la relazione che ci permette di “restare umane” nonostante tutto…

Mappe per una “geografia umana delle donne” dunque. Quattro mappe per cominciare. Provando a restituire una parte del coraggio, della passione, di disperazioni e gioie che le persone in viaggio ci hanno raccontato.

Mappe di luoghi, di terre (per farne fili di trame) molto diverse da ciò che conoscevamo o immaginavamo a Imola, all’inizio del nostro agire: il Maghreb e una parte dell’Est Europa, poco altro sapevamo… Ma il mondo si muove – per amore o per forza – e la nostra carta geografica culturale, umana si è allargata e colorata. A volte chiarendosi e altre volte risultando più difficile da capire del primo rassicurante, ma erroneo, sguardo che suggerisce “qui tutto uguale” oppure “tutto diverso qui”.

Con il tempo noi “tessitrici di trame” abbiamo pensato che potevamo essere usate per raccontare le storie che apprendiamo perché ci aiutino a correggere la percezione delle migrazioni, la perenne «emergenza». I media pigri e la politica dei Palazzi raccontano di «noi» e di «loro» soprattutto con bugie, pregiudizi, ignoranze e paure quando ci vorrebbero invece curiosità, intelligenza, idee nuove e relazioni con le persone. Siccome chiunque racconti (come noi abbiamo scelto di fare) in qualche modo modifica sempre, nel bene e nel male, la realtà allora noi pensiamo, nel nostro piccolo, di poterlo fare anzitutto rendendo visibili alcune di queste donne venute da molti “altrove” .

Nelle “geografie umane delle donne” emerge subito una contraddizione di classe: perfino chi parla in modo documentato di povertà femminile quasi sempre dimentica che essa nasce dal non avere diritti; vale al femminile ancor più che per gli uomini i quali pure vengono da Paesi dove spesso il diritto è astrazione. Anche grazie a queste dimenticanze una gran parte della “pubblica opinione” italiana – ed europea – è stata abituata (aiutata o costretta, fate voi) a pensare che forse aiuto e cittadinanza si possono elargire alle persone migranti solo in casi eccezionali, per bontà e carità. E’ questione invece di giustizia, della universalità dei diritti e di un mondo così interconnesso che donne, bambini e uomini sono in fuga, quasi sempre per le scelte strategiche (economiche e militari) dei Paesi che si credono “ricchi” e invece sono rapaci e ben armati.

«Geografia umana delle donne» vuol dire che le protagoniste quando hanno deciso di migrare – o d’improvviso si sono trovate costrette a farlo – hanno intuito, in qualche modo, che il loro viaggio sarebbe stato comunque diverso da quello degli uomini. E ogni tappa ha confermato questa differenza, come leggerete nelle storie qui raccolte. Questi corpi migranti in movimento hanno spesso alle spalle il triste privilegio di un’infanzia senza istruzione, di una vita carica di offese sin dalla nascita perché nate donna, di un’adolescenza inesistente perché troppo spesso vengono scaraventate in matrimoni forzati diventando madri quando sono ancora bambine. A loro sarà chiesto di preservare «l’onore», di valere meno, di continuare a fare con le figlie quello che a loro è stato fatto. I desideri di queste donne vengono negati (o usati solo nella misura in cui si confanno al patriarcato) e diventa sempre più chiaro che non potranno scegliere. Ma c’è al termine della fuga, nel punto di approdo, la possibilità di ritrovare i desideri e di inventarsi un destino che non sia segnato dal potere maschile? Uno spazio per esistere, per valere, per amare ed essere amate in libertà. Dove si trovano o come si possono creare questi spazi?

«Nessuno mi aveva domandato cosa penso»; «è strano sentirsi chiedere cosa mi piace»: molte le donne (non solo straniere) tornano a sperare di «esistere» perché c’è chi si interessa a loro, le guarda in faccia, le chiama per nome.

Abbiamo visto arrivare a Trama ragazze incinte per stupri subiti nel viaggio e che hanno messo al mondo figlie/i perché era troppo tardi per scegliere altro. Abbiamo ospitato donne che d’improvviso si ammalavano e lo rimanevano a lungo, talora senza una ragione medica, prigioniere in corpi che con le esplosioni di quel dolore femminile reclamavano tenerezza e non durezza. Il dolore le ha portate talora a vivere il tempo di una solitudine difficile e obbligata ma anche importante come spazio unico per ascoltare se stesse. E ricavarne forza.

Non è facile entrare in relazione con tutto questo, sostenere chi sta immaginando e/o costruendo uno spazio interiore dove intravede una possibilità di decidere, di scegliere finalmente in autonomia. Cibo per la mente e il cuore , il più difficile da alimentare.

Se si leggono attentamente le storie raccontate in questo Atlante si scopre che le tante differenze fra donne (da dove si viene, dove si vuole andare) sono importantissime ma che tutte loro viaggiano e arrivano in un mondo che finora è stato disegnato a misura di maschi. Questo può unire – è possibile, le donne residenti nei 5 continenti a quelle del sesto continente, che si muove e così ridisegna ogni geografia finora conosciuta.

Se andate a vedere in una enciclopedia l’origine del nome scoprirete che Atlante fu costretto da Zeus, per punizione, a tenere sulle spalle tutto il cielo. Chissà. A noi sembra che da secoli siano le donne a reggere sulle loro spalle il mondo. E lottiamo perché questo peso sia meglio distribuito.

TIZIANA DAL PRA

2020-01-10T11:01:02+01:00