Essere accolta, ascoltata, una doccia, un pasto caldo, un posto dove stare anche solo per una notte, parlare la tua lingua, piangere, avere il tempo di riordinare un po’ i pensieri anche questi erranti, parlare, cantare, dormire a lungo, riposare, essere ascoltata, serve anche per non impazzire (Inna, Moldavia).
Trama di Terre è nata a Imola nel gennaio del 1997 da un gruppo di donne italiane e straniere. L’idea che ha guidato l’associazione fin dalla sua nascita è stata trovare un punto di condivisione fra donne di diverse età e provenienze (geografiche, culturali, sociali), per lottare l’una accanto all’altra per i diritti di tutte.
Nella lotta portata avanti insieme per l’accesso alle risorse materiali e simboliche, ci siamo trovate molto spesso ad affrontare una duplice oppressione verso le donne migranti. Da un lato, non essere titolari di cittadinanza le porta a godere di meno diritti e ad essere sempre a rischio di cadere nell’irregolarità; dall’altro lato, come le native ma talvolta in forme più estreme, si trovano ingabbiate in ruoli che vengono loro attribuiti da una concezione patriarcale delle famiglie e delle comunità di origine: la brava moglie, la brava madre, la brava figlia. Con tutto il portato di violenze che ne consegue quando una donna decide di ribellarsi. È in questo spazio di ribellione e di ricerca di autonomia che si colloca Trama di Terre, nella resistenza alle identità imposte. Imposte dal razzismo ancora molto presente nella società italiana e anche da chiunque, in nome di tradizioni, religioni o culture, tenti di relegare le donne in ruoli che limitano il pieno godimento delle loro libertà e dei diritti tanto faticosamente conquistati in molte parti del mondo.
Nel 2000 è stato inaugurato il Centro Interculturale delle donne. Situato nel pieno centro della città, è un luogo vivo e aperto in cui mettere in pratica relazioni di scambio fra donne native e migranti. Un laboratorio permanente nato per favorire l’emergere dei saperi delle donne e valorizzarli, sperimentando collettivamente percorsi di autonomia e di presa di parola. Presa di parola che avviene, prima di tutto, attraverso i corsi di italiano rivolti a sole donne, all’interno dei quali è chiaro che la libertà viene prima di tutto dal saper nominare le cose, il proprio corpo, le proprie emozioni, il rapporto con i figli e le figlie che si sentono italiani/e, la nostalgia, la solitudine, il dolore di non sentirsi né di qua né di là, in una società che fatica ad accogliere. Il Centro Interculturale delle donne è diventato negli anni un prezioso osservatorio sulle dinamiche dell’immigrazione, soprattutto femminile, in città e in tutta la Regione, e viene vissuto come un valido punto di riferimento dalle donne italiane e straniere che abitano la città, ma anche da chiunque voglia contrastare le discriminazioni razziste e sessiste.
Nell’estate del 2001 è stato inaugurato il servizio di accoglienza abitativa per donne migranti in difficoltà, con o senza figli/e. Nel corso degli anni successivi abbiamo ospitato, nei nostri appartamenti, centinaia di donne di oltre 24 nazionalità, molte con i loro bambini e bambine. Molte, incinte, hanno partorito durante il percorso di accoglienza. Si è trattato, nella maggior parte dei casi, di donne costrette all’isolamento sociale, abbandonate dai mariti dopo i ricongiungimenti familiari o finite per strada in seguito a uno sfratto, spesso analfabete e/o con nessuna conoscenza della lingua italiana. Lavoratrici domestiche trovatesi improvvisamente senza casa, talvolta gravemente ammalate e quindi espulse dal lavoro. Vittime di tratta o di gravi forme di sfruttamento lavorativo, richiedenti protezione internazionale, donne appena uscite da un Cie, con un foglio di via e nessun tetto sotto cui dormire. Le storie che hanno attraversato Trama di Terre in questi anni sono tante e diversissime tra loro, e hanno permesso al pensiero politico dell’associazione di acquisire un enorme valore aggiunto, che deriva dall’aver vissuto, fianco a fianco, con le donne. La relazione di accoglienza è fondata sulla solidarietà reciproca, e mette fortemente in discussione in rapporto verticale “operatrice/utente”, pur tenendo presenti gli squilibri di potere tra chi accoglie e chi è accolta. Il nostro sforzo quotidiano è costruire insieme percorsi di autonomia tesi ad aumentare il senso di autodeterminazione sulla propria vita, mettendo le donne assoggettate e ridotte al silenzio in condizione di essere riconosciute come soggetti legittimi in grado di autodefinirsi, di accrescere la comprensione e la consapevolezza delle proprie condizioni e dei propri diritti, per ritrovare la forza e la capacità di riscattarsi.
Nel 2007, in occasione del decennale dalla nascita dell’associazione, abbiamo organizzato un convegno intitolato “Il multiculturalismo fa male alle donne?” durante il quale ci siamo interrogate sui limiti del multiculturalismo in relazione all’autodeterminazione femminile. La nostra critica al multiculturalismo parte dall’idea che le culture non siano statiche e immutabili bensì profondamente condizionate dai rapporti di potere che le costituiscono. Laddove il patriarcato è forte le donne vengono costrette in ruoli assunti come “naturali”, che impediscono loro di autodeterminarsi e di godere pienamente dei loro diritti. Ma dovunque c’è oppressione ci sono anche donne che si ribellano, e noi abbiamo scelto di essere al loro fianco, non accettando alcuna discriminazione in nome del rispetto delle “culture diverse” o della “tradizione”.
Per anni ci siamo chieste: cosa blocca una presa di parola collettiva? Non ci sentiamo pronte? Pensiamo che non ci competa? Abbiamo paura di essere giudicate come nuove colonialiste?
Ne siamo uscite forti nell’assumerci la responsabilità di nominare l’intreccio tra patriarcato e fondamentalismi religiosi, tra razzismo e sessismo, ribadendo che i diritti individuali e in particolare i diritti delle donne devono essere il punto di partenza per costruire un confronto e un dialogo con le loro comunità di appartenenza.
Un’altra tappa importante nella storia dell’associazione è stata “Violenza di genere: una piaga globale”, un corso di formazione promosso nel 2009, nel quale il tema della violenza di genere è stato affrontato in un’ottica interculturale. Il corso ha analizzato le comuni origini patriarcali di questa violenza, riconoscendo le radici di misoginia o di omofobia presenti a diverso titolo nelle differenti società e tradizioni culturali, per la promozione di una nuova cultura della nonviolenza nelle relazioni tra i sessi ed in particolare nelle relazioni affettive, di coppia e familiari. Tra le relatrici anche alcuni uomini che si sono interrogati su una diversa sessualità. Il corso è stato replicato, oltre che a Imola, anche a Bologna, Rimini e Reggio Emilia. Nello stesso periodo si è svolto anche un altro corso di formazione intitolato “Le storie del corpo” nel quale si è parlato del corpo come mediatore delle relazioni e delle emozioni nelle diverse culture. Tra le tematiche affrontate le mutilazioni genitali femminili e altri interventi sul corpo nelle diverse culture.
Sempre nel 2009 si è conclusa la ricerca “Per forza, non per amore. I matrimoni forzati in Emilia Romagna”, condotta per conto di Trama di Terre da Daniela Danna, ricercatrice dell’Università degli Studi di Milano, e finanziata dalla Regione Emilia Romagna e dal ministero delle Politiche Giovanili. Questo studio ha voluto portare alla luce un fenomeno allora quasi totalmente sconosciuto in Italia: quello dei matrimoni forzati.
In Emilia Romagna la pratica autoctona di combinare i matrimoni delle figlie e dei figli non è più tradizione da tempo, ma alcune comunità di migranti, provenienti da particolari regioni o strati sociali, sostengono ancora la legittimità della scelta genitoriale. Scelta sempre più spesso contrastata dalle nuove generazioni che rivendicano il diritto di scegliere di chi, come e quando innamorarsi. La distanza fra le proposte dei genitori e i desideri di figli e figlie si tramuta inevitabilmente in una frattura che può avere risvolti anche pericolosi che vanno dall’isolamento fino alla minaccia per l’incolumità fisica di chi si ribella, come abbiamo visto nei numerosi casi di cronaca emersi negli ultimi anni. Seppur l’imposizione di un matrimonio coinvolga indistintamente maschi e femmine, sono sempre le ragazze ad essere sottoposte a maggiori controlli e vessazioni, per preservare l’onore della famiglia. I risultati della ricerca sono stati presentati nel corso del convegno internazionale sul tema dei matrimoni forzati “Per forza, non per amore”, che si è tenuto a Imola nel maggio 2011, seguito da un seminario di approfondimento intitolato “Quanto influiscono religione e tradizione nella piena attuazione dei diritti delle donne?”. Alle due giornate hanno partecipato come relatrici esponenti di associazioni di donne native e migranti inglesi e marocchine (le Southall Black Sisters e l’ADFM – Association Democratique des Femmes du Maroc), che hanno portato le esperienze decennali dei loro Paesi in materia di prevenzione e contrasto dei matrimoni forzati e dei matrimoni precoci.
Il lavoro dell’associazione in questo campo è proseguito negli anni successivi (2012-2013) grazie ad un progetto intitolato “Contrasto ai matrimoni forzati nella provincia di Bologna: agire sul locale con una prospettiva internazionale”, svolto in collaborazione con ActionAid Italia e finanziato dalla Fondazione Vodafone. Il progetto ha compreso l’apertura di una casa rifugio per giovani donne in fuga da matrimoni forzati, la realizzazione di percorsi formativi rivolti alle operatrici e agli operatori, la promozione di eventi pubblici di sensibilizzazione della cittadinanza e l’esercizio di lobbying sulle istituzioni per una presa in carico politica del fenomeno, a livello locale, regionale e nazionale.
Il progetto si è concluso con un convegno intitolato “Onore e destino”, che si è tenuto presso la Regione Emilia-Romagna il 28 febbraio 2014. Durante il convegno, che ha visto ospiti internazionali provenienti da Inghilterra, Francia e Germania, sono state presentate le linee guida per la prevenzione e il contrasto dei matrimoni forzati scritte da Trama di Terre, il cui obiettivo è fare una sintesi di tutto quello che l’associazione ha imparato nel corso di questi anni di ricerca, accoglienza e lavoro sul campo.
Ancora una volta Trama di Terre si trova a ribadire che, per una corretta presa in carico delle giovani donne vittime di matrimoni forzati, è necessario che questi non vengano considerati come un problema “culturale” ma come una questione di tutela dei diritti individuali e, soprattutto, di garanzia del diritto di scelta e di autodeterminazione della donna.
Negli anni successivi Trama di Terre ha continuato ad accogliere giovani donne in fuga da matrimoni forzati e altre limitazioni della libertà personale, a svolgere consulenze per operatrici e operatori e a organizzare corsi di formazione per il personale di servizi pubblici e del privato sociale che accolgono le donne.
Nel 2010 si è conclusa anche la ricerca “Genere e migrazioni: comprendere gli effetti delle discriminazioni multiple”, curata da Elena Laurenzi e Patrizia Randini in collaborazione con l’associazione Donne Nissà e finanziata dalla Provincia di Bolzano. L’intento è stato indagare come la presenza e l’interazione di discriminazioni multiple colpiscano le donne immigrate sia nella sfera pubblica (lavoro, formazione, accesso a beni e servizi, tutela della salute) sia nella sfera delle relazioni familiari e dei rapporti con la comunità di origine. L’intersecarsi di questi diversi tipi di discriminazione comporta per le donne straniere una condizione di sofferenza e oppressione, minandone la salute, l’autostima, la qualità della vita, le prospettive di futuro, la libertà di scelta e di autodeterminazione, il godimento effettivo dei propri diritti.
Nel gennaio del 2012, in seguito alla chiusura dell’unico Centro Antiviolenza di Imola, le donne di Trama di Terre hanno iniziato un percorso di mobilitazione per denunciare il vuoto che si era creato in città, chiedendo all’amministrazione comunale un’assunzione di responsabilità politica sul contrasto alla violenza maschile sulle donne. Questa mobilitazione ha portato, nel dicembre 2012, all’inaugurazione di un nuovo Centro Antiviolenza, che raccogliesse tutto il lavoro fatto negli anni dall’associazione nel campo della formazione, della promozione culturale e dell’accoglienza di donne (principalmente straniere ma non solo) che avevano subito violenza. Il Centro Antiviolenza di Trama di Terre può accogliere le donne per un percorso di sostegno di fuoriuscita dalla violenza e ospitare presso le proprie case rifugio donne e minori in pregiudizio o a rischio per la propria vita.
Grazie a tutta questa esperienza maturata negli anni, in particolare nel lavoro con le donne migranti, il Centro Antiviolenza di Trama di Terre a partire da gennaio 2013 è entrato a far parte della Rete D.i.RE (Donne in Rete contro la Violenza) e, nel settembre 2013, anche del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna.
L’equipe di lavoro è composta da operatrici sia italiane che straniere, formate nel contrasto alla violenza maschile in ottica interculturale e da avvocate esperte anche del diritto di famiglia dei Paesi d’origine delle donne migranti. L’equipe lavora in rete con i servizi socio-sanitari, i tribunali, le forze dell’ordine e le altre istituzioni che tutelano le donne che subiscono violenza, i loro figli e le loro figlie.
L’8 marzo 2014 il Centro Interculturale delle donne ha riaperto la Cucina Abitata, uno spazio aperto alla città in cui creare momenti di incontro, di scambio, di convivialità. Qui è possibile passare la pausa pranzo gustando sapori provenienti da tutto il mondo, si organizzano cene ed altri eventi di autofinanziamento, laboratori di cucina interculturale, corsi di formazione permanente rivolti alle donne che intendono avvicinarsi alla ristorazione. La Cucina Abitata, inoltre, è uno spazio in cui le donne ospiti di Trama di Terre potranno accedere a tirocini formativi in un’ottica di ricostruzione della propria autonomia professionale ed economica.
Nel 2014 Trama di Terre ha dato avvio a un progetto per l’accoglienza di donne richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale. Da allora sono state ospitate donne, in alcuni casi con figli e figlie, provenienti da Eritrea, Mali, Marocco, Nigeria, Somalia, Camerun, Arabia Saudita, Costa d’Avorio, Iran.
Come emerge dai loro racconti e come, del resto, è messo in evidenza anche da recenti rapporti internazionali, le donne e le ragazze richiedenti asilo fanno esperienza di molteplici forme di violenza di genere (matrimoni forzati, mutilazioni genitali femminili, tratta, sfruttamento sessuale e lavorativo, stupri correttivi) nei Paesi di origine, nelle diverse fasi del viaggio ma anche nei centri di transito e d’accoglienza in Europa.
Il nostro principale obiettivo è creare uno spazio di ascolto fra donne, nonché di condivisione di risorse e strumenti che permettano a tutte di vivere libere da ogni forma di violenza e di essere libere di scegliere sulla propria vita. Nel 2016 abbiamo aperto anche un progetto Sprar per sole donne, anche con figli/e.
Trama di Terre vuole mettere in pratica forme di accoglienza che garantiscano alle donne il rispetto dei loro diritti fondamentali nonché la possibilità di vivere nel territorio che le ospita con consapevolezza e autonomia. L’associazione lavora, parallelamente, per sensibilizzare la città perché sappia accogliere le migranti in un’ottica solidale, senza dare spazio a nessuna forma di sessismo e razzismo o di discriminazione.
Nel 2017, presso il Centro Interculturale delle donne, abbiamo inaugurato il progetto “Trama di voci”, con l’obiettivo di restituire, attraverso il lavoro sul canto popolare e sulla ricerca vocale in coro, il valore delle donne native e migranti. L’idea è nata dall’incontro con il coro di donne migranti “Le chemin des femmes”, nato a Modena nel 2008, che fa da guida e sostegno in questo percorso sperimentale.
Il progetto si propone di fondare anche a Imola un coro di donne che lavori a partire dall’incontro tra culture musicali differenti, dove il filo conduttore sia il desiderio di rispetto, di potere e di libertà che le donne sanno esprimere attraverso il canto. Un primo concerto, insieme a “Le chemin des femmes”, è stato realizzato il 4 giugno 2017 nel corso del festival cittadino “Imola in Musica”. La conduttrice del coro di Trama di Terre è Ilaria Petrantuono, musicista, musicoterapista ed educatrice musicale.
Nell’autunno del 2017 Trama di Terre ha festeggiato il suo ventesimo compleanno, con una rassegna di eventi intitolata “E se vent’anni vi sembran pochi…“. La rassegna comprendeva presentazioni di film, libri, dibattiti, spettacoli teatrali e una mostra allestita presso la Salannunziata di Imola per restituire alla città tutto il portato del lavoro svolto dall’associazione in questi vent’anni di storia. Durante i festeggiamenti per il ventennale l’associazione è stata premiata con il “Grifo di Cristallo”, un riconoscimento che le massime autorità cittadine conferiscono alle associazioni il cui impatto sul territorio è stato più incisivo e virtuoso.